martedì 5 agosto 2008
Addio Aleksandr Isaevič Solženicyn
La Russia piange la morte di Aleksandr Solgenitzin, lo scrittore dissidente che denunciò gli orrori del regime sovietico.
“È una perdita pesante per tutta la Russia”, ha commentato in una nota il primo ministro Vladimir Putin. “Siamo fieri che Aleksandr Isayevich Solgenitzin sia stato un nostro concittadino e un nostro contemporaneo. Lo ricorderemo come una persona forte, coraggiosa e con un’enorme dignità”, ha affermato l’ex capo del Cremlino. Un messaggio di condoglianze è arrivato anche dal presidente Dmitry Medvedev. Un altro ex presidente, Mikhail Gorbaciov, ha sottolineato il debito che la Russia avrà sempre con l’autore di “Arcipelago Gulag”, deceduto all’età di 89 anni. “Fino alla fine dei suoi giorni ha combattuto affinché la Russia non solo si distanziasse dal suo passato totalitario ma si desse anche un degno futuro, gli dobbiamo molto”, ha affermato l’ideatore della “glasnost” e della “perestroika”.
La scomparsa di Solgenitzin è una perdita non solo per la Russia ma per tutto il mondo libero.
Addio Aleksandr Isaevič
martedì 10 giugno 2008
sabato 7 giugno 2008
J.R.R. TOLKIEN
di Paolo Gulisano
John Ronald Reuel Tolkien: ovvero un caso letterario le cui dimensioni vanno oltre il valore dell'opera dello studioso inglese, e che testimoniano il suo significato di maestro, in una società che di buoni maestri ne ha un disperato bisogno. Sono passati ormai oltre 40 anni dalla pubblicazione del capolavoro "Il Signore degli anelli", ma l'interesse per questo autore resta ancora alto.
LO "SCRITTORE DEL SECOLO"
Lo scorso anno un referendum tenutosi tra tutti i lettori frequentatori delle librerie britanniche ha proclamato "Il Signore degli Anelli" libro del secolo; un responso che ha suscitato un certo disappunto tra la critica ufficiale, dal momento che Tolkien è ancora considerato dall' intellighentia-snob un autore per bambini. Nel frattempo si sta girando il film del Signore degli Anelli, che si annuncia come un grandissimo successo cinematografico della prossima stagione, anche se le indiscrezioni che giungono dal set fanno dubitare della fedeltà all'opera originaria di Tolkien.
TANTE RISTAMPE
A tenere desta l'attenzione dei lettori di sempre e di quelli appartenenti alle nuove generazioni, la casa editrice Bompiani, che ha rilevato dalla Rusconi l'intero catalogo tolkieniano, ha cominciato a ristampare le opere classiche e di maggior successo dello scrittore inglese. A dispetto dunque di tutte le accuse più o meno malevole e ingiustificate rivolte da anni a questo scrittore, Tolkien va ormai considerato non solo un autore di successo, ma anche come un autentico classico.
UN PUNTO DI RIFERIMENTO
Tolkien ha riproposto, in pieno ventesimo secolo, il genere letterario epico, ridando dignità letteraria all'antichissimo genere della narrativa dell'immaginario, nonostante il cinismo di una cultura dominante che, come Brecht insegnava, doveva fare a meno dei valori, in particolare dell'eroismo. Tolkien divenne così un maestro, un punto di riferimento esistenziale per generazioni di giovani lettori che si commuovevano e si esaltavano alla lettura delle sue pagine epiche così lontane dal realismo allora imperante in letteratura che narravano giustappunto di eroi, di regni perduti da restaurare, di signori del Male contrapposti ad elfi, cavalieri e piccole gentili creature, pronte però ad ogni sacrificio per il trionfo del Bene: gli Hobbit, personaggi peculiarmente ed assolutamente tolkieniani.
UNA CONCEZIONE DELL'UOMO
Ci si è interrogati a lungo se dietro questo grande interesse per Tolkien che come abbiamo accennato non sembra esaurirsi ci fosse una determinata ideologia. La risposta è sicuramente negativa: risulta riduttiva qualsivoglia "etichettatura" del professore di Oxford, poiché ciò che ispirò e che diede significato alla sua vita e alla sua opera non è riconducibile ad una ideologia, ma ad una visione della vita, ad una concezione dell'essere, dell'uomo, della storia che è ben di più che una ideologia: è una filosofia.
CONTRO LA MODERNITÀ
Tolkien possiede addirittura quella che potremmo definire una visione teologica della storia, attraverso la quale giudica, con l'autorevolezza di un filosofo o di un profeta le vicende umane; è impressionante oggi leggere il giudizio che nel 1945 ebbe ad esprimere rispetto agli scenari successivi al conflitto mondiale: «Tutto diventerà una piccola maledetta periferia provinciale. Quando avranno introdotto il sistema sanitario americano, la morale, il femminismo e la produzione di massa all'est, nel medio oriente, nell'Urss, nella Pampa, nel Gran Chaco, nel bacino danubiano, nell'Africa equatoriale, a Lhasa e nei villaggi del profondo Berkshire, come saremo tutti felici... Ma scherzi a parte: trovo questo cosmopolitanesimo americano terrificante».
CONTRO LA CULTURADI MASSA
Tolkien come critico della modernità, dunque, del mondialismo, della omologazione massificante, a cui contrapponeva la cultura dell'appartenenza e del radicamento. In una società multietnica e multiculturale come quella della Terra di Mezzo, i piccoli Hobbit difendono la loro Contea, il loro piccolo mondo pacificamente rurale e ricco di tradizioni. Tolkien "conservatore", è stato detto, e certamente il professore non se ne adonterà, ma conservatore di tutto ciò che è bello, puro, piccolo, ordinato, interessante, importante. «I grandi assorbono i piccoli e tutto il mondo diventa più piatto e noioso», scrisse una volta.
IL NEMICO CHE È IN NOI Questa avversione di Tolkien per le brutture e gli errori della modernità non è ideologica poiché è realistica, non nasce, cioè, da un idea di mondo, o da un progetto più o meno utopico su di esso, ma dalla constatazione della natura e della condizione umana, segnata indelebilmente dalla Caduta, talché il Nemico da battere è sì l'avversario malvagio (Sauron o Saruman) ma è soprattutto il male che si annida infido in ciascuno di noi. «Non puoi combattere il Nemico scriveva al figlio Christopher con il suo anello senza trasformarti anche tu in un nemico, ma sfortunatamente la saggezza di Gandalf sembra sia sparita insieme a lui nel lontano e genuino Occidente». L'elemento religioso è radicato nelle storie di Tolkien e nel loro simbolismo. La sua stessa passione per il narrare nasce dal desiderio di comunicare la Verità, attraverso simboli e visioni. «Il Vangelo spiegava è la più grande Fiaba, e produce quella sensazione fondamentale: la gioia cristiana che provoca le lacrime perché qualitativamente è simile al dolore, perché proviene da quei luoghi dove gioia e dolore sono una cosa sola, riuniti, così come egoismo e altruismo si perdono nell'Amore».
TRA BENE E MALE
In questa intensità epica e spirituale dell'opera di Tolkien sta il segreto della straordinaria attualità di questo autore di narrativa fantastica che si fa veicolo di valori immutabili, profondamente connaturati col cuore dell'uomo, i suoi sogni, le sue speranze. Il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli, è il racconto epico di un periodo di transizione, che rappresenta un autentico manuale di sopravvivenza tra gli errori e gli orrori della Modernità. «Come può l'uomo giudicare che cosa deve fare in tempi come questi?», chiede un personaggio, e gli risponde Aragorn, l'uomo destinato ad essere Re: «Come ha sempre giudicato: il bene e il male non sono cambiati nel giro di un anno e non sono una cosa presso gli elfi e i nani e un'altra tra gli uomini. Tocca ad ognuno di noi discernerli».
John Ronald Reuel Tolkien: ovvero un caso letterario le cui dimensioni vanno oltre il valore dell'opera dello studioso inglese, e che testimoniano il suo significato di maestro, in una società che di buoni maestri ne ha un disperato bisogno. Sono passati ormai oltre 40 anni dalla pubblicazione del capolavoro "Il Signore degli anelli", ma l'interesse per questo autore resta ancora alto.
LO "SCRITTORE DEL SECOLO"
Lo scorso anno un referendum tenutosi tra tutti i lettori frequentatori delle librerie britanniche ha proclamato "Il Signore degli Anelli" libro del secolo; un responso che ha suscitato un certo disappunto tra la critica ufficiale, dal momento che Tolkien è ancora considerato dall' intellighentia-snob un autore per bambini. Nel frattempo si sta girando il film del Signore degli Anelli, che si annuncia come un grandissimo successo cinematografico della prossima stagione, anche se le indiscrezioni che giungono dal set fanno dubitare della fedeltà all'opera originaria di Tolkien.
TANTE RISTAMPE
A tenere desta l'attenzione dei lettori di sempre e di quelli appartenenti alle nuove generazioni, la casa editrice Bompiani, che ha rilevato dalla Rusconi l'intero catalogo tolkieniano, ha cominciato a ristampare le opere classiche e di maggior successo dello scrittore inglese. A dispetto dunque di tutte le accuse più o meno malevole e ingiustificate rivolte da anni a questo scrittore, Tolkien va ormai considerato non solo un autore di successo, ma anche come un autentico classico.
UN PUNTO DI RIFERIMENTO
Tolkien ha riproposto, in pieno ventesimo secolo, il genere letterario epico, ridando dignità letteraria all'antichissimo genere della narrativa dell'immaginario, nonostante il cinismo di una cultura dominante che, come Brecht insegnava, doveva fare a meno dei valori, in particolare dell'eroismo. Tolkien divenne così un maestro, un punto di riferimento esistenziale per generazioni di giovani lettori che si commuovevano e si esaltavano alla lettura delle sue pagine epiche così lontane dal realismo allora imperante in letteratura che narravano giustappunto di eroi, di regni perduti da restaurare, di signori del Male contrapposti ad elfi, cavalieri e piccole gentili creature, pronte però ad ogni sacrificio per il trionfo del Bene: gli Hobbit, personaggi peculiarmente ed assolutamente tolkieniani.
UNA CONCEZIONE DELL'UOMO
Ci si è interrogati a lungo se dietro questo grande interesse per Tolkien che come abbiamo accennato non sembra esaurirsi ci fosse una determinata ideologia. La risposta è sicuramente negativa: risulta riduttiva qualsivoglia "etichettatura" del professore di Oxford, poiché ciò che ispirò e che diede significato alla sua vita e alla sua opera non è riconducibile ad una ideologia, ma ad una visione della vita, ad una concezione dell'essere, dell'uomo, della storia che è ben di più che una ideologia: è una filosofia.
CONTRO LA MODERNITÀ
Tolkien possiede addirittura quella che potremmo definire una visione teologica della storia, attraverso la quale giudica, con l'autorevolezza di un filosofo o di un profeta le vicende umane; è impressionante oggi leggere il giudizio che nel 1945 ebbe ad esprimere rispetto agli scenari successivi al conflitto mondiale: «Tutto diventerà una piccola maledetta periferia provinciale. Quando avranno introdotto il sistema sanitario americano, la morale, il femminismo e la produzione di massa all'est, nel medio oriente, nell'Urss, nella Pampa, nel Gran Chaco, nel bacino danubiano, nell'Africa equatoriale, a Lhasa e nei villaggi del profondo Berkshire, come saremo tutti felici... Ma scherzi a parte: trovo questo cosmopolitanesimo americano terrificante».
CONTRO LA CULTURADI MASSA
Tolkien come critico della modernità, dunque, del mondialismo, della omologazione massificante, a cui contrapponeva la cultura dell'appartenenza e del radicamento. In una società multietnica e multiculturale come quella della Terra di Mezzo, i piccoli Hobbit difendono la loro Contea, il loro piccolo mondo pacificamente rurale e ricco di tradizioni. Tolkien "conservatore", è stato detto, e certamente il professore non se ne adonterà, ma conservatore di tutto ciò che è bello, puro, piccolo, ordinato, interessante, importante. «I grandi assorbono i piccoli e tutto il mondo diventa più piatto e noioso», scrisse una volta.
IL NEMICO CHE È IN NOI Questa avversione di Tolkien per le brutture e gli errori della modernità non è ideologica poiché è realistica, non nasce, cioè, da un idea di mondo, o da un progetto più o meno utopico su di esso, ma dalla constatazione della natura e della condizione umana, segnata indelebilmente dalla Caduta, talché il Nemico da battere è sì l'avversario malvagio (Sauron o Saruman) ma è soprattutto il male che si annida infido in ciascuno di noi. «Non puoi combattere il Nemico scriveva al figlio Christopher con il suo anello senza trasformarti anche tu in un nemico, ma sfortunatamente la saggezza di Gandalf sembra sia sparita insieme a lui nel lontano e genuino Occidente». L'elemento religioso è radicato nelle storie di Tolkien e nel loro simbolismo. La sua stessa passione per il narrare nasce dal desiderio di comunicare la Verità, attraverso simboli e visioni. «Il Vangelo spiegava è la più grande Fiaba, e produce quella sensazione fondamentale: la gioia cristiana che provoca le lacrime perché qualitativamente è simile al dolore, perché proviene da quei luoghi dove gioia e dolore sono una cosa sola, riuniti, così come egoismo e altruismo si perdono nell'Amore».
TRA BENE E MALE
In questa intensità epica e spirituale dell'opera di Tolkien sta il segreto della straordinaria attualità di questo autore di narrativa fantastica che si fa veicolo di valori immutabili, profondamente connaturati col cuore dell'uomo, i suoi sogni, le sue speranze. Il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli, è il racconto epico di un periodo di transizione, che rappresenta un autentico manuale di sopravvivenza tra gli errori e gli orrori della Modernità. «Come può l'uomo giudicare che cosa deve fare in tempi come questi?», chiede un personaggio, e gli risponde Aragorn, l'uomo destinato ad essere Re: «Come ha sempre giudicato: il bene e il male non sono cambiati nel giro di un anno e non sono una cosa presso gli elfi e i nani e un'altra tra gli uomini. Tocca ad ognuno di noi discernerli».
giovedì 29 maggio 2008
Celtismo e druidismo
Il Celtismo è un movimento religioso neopagano ricostruzionistico vivo dalla fine del XIX secolo ma emerso solo negli anni Settanta del XX secolo. Tendenzialmente il Celtismo riprende l'antica religione celtica, praticata nelle antiche zone geografiche della Gallia, dell'Irlanda e della Britannia prima che sopraggiungesse il Cristianesimo. Si tratta di un sistema religioso panteistico, animistico e politeistico, la cui teologia si distingue in base alle correnti principali nelle quali è suddiviso. Con l'emersione e diffusione di gruppi misterici tra gli anni del 1970 e del 1980 il Celtismo è stato influenzato e ha influenzato a sua volta le filosofie New Age e la Wicca, la quale ha inciso particolarmente sulla dottrina druidista, una delle branche celtiste. Tra i primi gruppi pochi erano quelli di orientamento prettamente celtico; solo molto di recente le religioni celtiste hanno subito una progressiva sistematizzazione e istituzionalizzazione, e il processo è ancora in corso.
La storia del Celtismo ha inizio nel XVIII secolo, per la precisione nel 1781, con la fondazione dell'Antico Ordine dei Druidi, un'organizzazione segreta e iniziatica. I gruppi comparsi in questo periodo presentavano raramente legami stretti con l'antica religione celtica; andrebbero infatti ricondotti allo stesso filone che accomuna la vasta gamma di religioni misteriche sotterranee che comparvero nel corso del XX secolo. I primi aderenti al Neopaganesimo che si sarebbero organizzati andando a costituire una relativamente definita religiosità celtista furono i componenti di congregazioni comparse solo negli anni Settanta e Ottanta del XX secolo. Le dottrine di queste associazioni contenevano parecchi elementi celtici, molti dei quali sarebbero diventati il nucleo di una futura filosofia celtista unificata. Questo periodo e questi gruppi sono spesso definiti collettivamente con l'etichetta di Protoceltismo, proprio per l'ancora diffusa indeterminatezza dottrinale che li caratterizzava. Successivamente, con la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, i protoceltisti iniziarono a farsi sentire portando ad una rapida crescita del movimento. Sebbene la corrente senistrognatana presenti i tipici elementi del ricostruzionismo pagano [7], altri gruppi si rifanno meno alle radici storiche della religione, e tendono all'introduzione di elementi riformatori. Nel periodo della prima diffusione del Celtismo influenze newager e wiccane (queste le principali, ma ne sono individuabili molte altre) andarono così a costituire la corrente del Druidismo, quella oggi maggioritaria in seno alla quale si è formata una terza branca nel 1985, ovvero il Keltrianesimo. Tendenzialmente pochi tra i celtisti moderni considerano importante il legame con la vecchia tradizione del Paganesimo celtico, la maggioranza druidista riconosce infatti la necessità di un'innovazione e di uno sviluppo della religione celtista in armonia con il contesto della società moderna, riconoscendo in questo modo l'implementazione nella propria dottrina di insegnamenti, rituali e pratiche nuovi e non necessariamente celtici.
Il Celtismo è una religione sostanzialmente animistica e panteistica, mantenendosi nel solco dell'antica religione pagana celtica. L'animismo sfocia in molti ambienti nel politeismo, con la raffigurazione delle divinità attribuendo a queste aspetto umanoide. Le raffigurazioni sono tuttavia solo simboli, dato che le divinità vengono concepite come forze cosmiche e identificate con i meccanismi più sottili che danno origine alla base dei processi della natura che danno una forma all'energia che sta alla base dell'universo. L'energia che pervade e costituisce tutte le cose è considerata divina, e da questo scaturisce una visione della natura come essa stessa sacra. Essendo infatti la natura costituita e vivificata dallo spirito energetico cosmico è essa stessa parte costituente ed integrante, nonché manifestazione ed emanazione, di questo. Le divinità sono in sostanza le essenze che partendo dal sostrato energetico del mondo fanno sì che questo si vada ad aggregare dando nascita alla materia. È in questa concezione che risiede il panteismo della teologia celtista. Quella descritta è la visione ortodossa, ovvero accomunante tutte le varianti riconducibili alla tradizione senistrognatana [8]; il Druidismo e il Keltrianesimo si discostano apertamente da questa visione, abbracciando una teologia e cosmologia che mantiene sì il panteismo, ma ingloba anche la visione parallelamente monistica e dualistica della Wicca. La corrente druidista e quella keltriana del Celtismo riconoscono infatti l'Uno come identificazione del Dio cosmico ed energetico che emana l'universo, ma in modo analogo alla religione wiccana (la quale sono in alcune sue correnti è anche monistica) vedono l'Uno come la sorgente di manifestazione dei due poli opposti la cui complementarità dà origine a tutte le cose; i due principi dell'eterna interazione tra tutto ciò che esiste sono il Dio e la Dea. La Divinità femminile è, come nella Wicca, spesso considerata manifesta in tre aspetti, rappresentanti le tre fasi della vita umana e i processi circolari e ciclici che forgiano la natura del mondo e dell'uomo (di cui uno è la reincarnazione). La Divinità femminile è in aggiunta considerata Dea Madre, dandole dunque un ruolo maggiore rispetto a quello del Dio, suo consorte e spesso figlio. La Dea è infatti considerata in molte circostanze il principio primo effettivo, identificandosi con l'Uno e dunque emanando anche il polo speculare rappresentato dal Dio. Oltre che Madre la Divinità femminile è anche Natura, essendo l'energia generatrice del cosmo e dell'intera esistenza, e viene dunque a coincidere con il naturale essere e concepirsi di tutte le cose, e i cicli il cui moto dà vita al mondo. Il Keltrianesimo presenta un'impostazione teologica parzialmente tendente al suiteismo. Dà valore infatti alla posizione dell'uomo nel mondo, e alla divinità dell'intera umanità come parte della natura. Centrali dei culti celtisti di ogni tipo sono ovviamente le divinità tradizionali tra le quali spiccano Tutatis, Morrigan e, in particolare nel Druidismo che lo identifica con il Dio, Cernunnos.
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sabato 24 maggio 2008
Ezra Weston Loomis Pound (1885 – 1972)
Ezra Pound - nome completo Ezra Weston Loomis Pound - (Hailey, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1 novembre 1972) è stato un poeta statunitense che visse per lo più in Europa e fu uno dei protagonisti del modernismo e della poesia di inizio ventesimo secolo. Costituì la forza trainante di molti movimenti modernisti, principalmente dell'imagismo e del vorticismo.
Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui.
* Il miglior governo è (naturalmente?) quello che attiva il meglio dell'intelligenza della nazione.
* Non si può criticare ed essere diplomatici nello stesso tempo.
* Non vi è intelligenza senza emozione. Ci può essere emozione senza molta intelligenza, ma è cosa che non ci riguarda.
* Una nuova conoscenza è un esperimento, un nuovo amico è un rischio.
* Credo nelle idee che diventano azioni.
* Adolf Hitler era una novella Giovanna d'Arco, un santo. Egli era un martire. E come molti martiri, portò con sé visioni estreme. (da un'intervista con Edd Johnson in Chicaco Sun, 9 maggio 1945)
* Il tempio è sacro perché non è in vendita. (dai Canti, n. 97)
The temple is holy because it is not for sale.
* La fede è un crampo, una paralisi, un'atrofia della mente in certe posizioni. (da Selected Prose, 1921)
* L'arte non chiede mai a nessuno di fare nulla, di pensare nulla, di essere nulla. Esiste come esiste l'albero, si può ammirare, ci si può sedere alla sua ombra, si possono coglierne banane, si può tagliarne legna da ardere, si può fare assolutamente tutto quel che si vuole. (da L'artista serio)
* Non riesco a immaginare come un artista serio possa mai considerarsi soddisfatto del proprio lavoro. (da Inferno)
* Non usate alcuna parola superflua, alcun aggettivo che non riveli qualcosa. (da Letters of Ezra Pound)
* Parlo della bellezza. Non ci si mette a discutere su un vento d'aprile. Quando lo s'incontra ci si sente rianimati. Ci si sente rianimati quando si incontra in Platone un pensiero che corre veloce, o un bel profilo in una statua. (da L'artista serio)
* Questo è il mio consiglio ai giovani: avere curiosità. (da un'intervista alla televisione italiana, 7 giugno 1968)
* Una piccola quantità di denaro che cambia di mano rapidamente farà il lavoro di una grande quantità che si muove lentamente. (da Selected prose)
* Certi libri costituiscono un tesoro, un fondamento; letti una volta, vi serviranno per il resto della vita.
* È difficile scrivere un paradiso quando tutte le indicazioni superficiali indicano che si dovrebbe scrivere un'apocalisse. Risulta ovvio trovare abitanti per l'inferno o per il purgatorio.
* È molto difficile per un uomo credere abbastanza energicamente in qualcosa, in modo che ciò che crede significhi qualcosa, senza dare fastidio agli altri.
* Esistono due tipi d'ignoranza, che potremmo definire naturale e artificiale. Al momento attuale potrei dire che l'ignoranza artificiale è all'incirca l'ottantacinque per cento.
* "Grandezza umana" è un'energia non comune, unita con la dirittura, con l'intelletto agile e diretto; è incompatibile con chi mente a se stesso e indulge in meschine finzioni.
* Il cattivo critico critica il poeta, non la poesia.
* Il genio è la capacità di vedere dieci cose là dove l'uomo comune ne vede solo una, e dove l'uomo di talento ne vede due o tre.
* Il pensare divide, il sentire unisce.
* Il segreto dell'insegnamento ha qualcosa a che fare col teatro. Imitate semplicemente il miglior professore che avete conosciuto.
* La cultura non è mancanza di memoria. La cultura comincia quando si riesce a fare una cosa senza sforzo.
* La parola comunica il pensiero, il tono le emozioni.
* La salute uccide un'infinità di batteri.
* La vera istruzione deve in definitiva essere riservata agli uomini che insistono a voler sapere: il resto non è che pastorizia.
* La vostra mente e voi stesse siete il nostro mar dei Sargassi.
* L'apparizione di questi volti nella folla: | Petali su un ramo umido e scuro.
* Le arti, comprese la poesia e la letteratura, dovrebbero essere insegnate dagli artisti che le praticano, non da sterili professori.
* L'incompetenza si manifesta con l'uso di troppe parole.
* Lo schiavo è quello che aspetta qualcuno a liberarlo.
* Meno sappiamo, più sono lunghe le nostre spiegazioni.
* Nessuno sa abbastanza, ed abbastanza presto.
* Non ho mai conosciuto uno che non valesse un fico secco e che non fosse irascibile.
* Non puoi fare una buona economia con una cattiva etica.
* Non utilizzare nessuna parola che non riesci a dire sotto stress.
* Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla.
* Tutta la grande arte nasce dalla metropoli.
* Tutti i grandi cambiamenti sono semplici.
* Un uomo civilizzato è uno che dà una risposta seria ad una domanda seria. La stessa civiltà è un certo sano equilibrio di valori.
* Un uomo di genio non può fare a meno di nascere dove nasce.
* Uno dei piaceri della mezza età è di scoprire che uno aveva ragione, e che aveva più ragione di quanto se ne rendesse conto all'età di diciassette o ventitré anni.
Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui.
* Il miglior governo è (naturalmente?) quello che attiva il meglio dell'intelligenza della nazione.
* Non si può criticare ed essere diplomatici nello stesso tempo.
* Non vi è intelligenza senza emozione. Ci può essere emozione senza molta intelligenza, ma è cosa che non ci riguarda.
* Una nuova conoscenza è un esperimento, un nuovo amico è un rischio.
* Credo nelle idee che diventano azioni.
* Adolf Hitler era una novella Giovanna d'Arco, un santo. Egli era un martire. E come molti martiri, portò con sé visioni estreme. (da un'intervista con Edd Johnson in Chicaco Sun, 9 maggio 1945)
* Il tempio è sacro perché non è in vendita. (dai Canti, n. 97)
The temple is holy because it is not for sale.
* La fede è un crampo, una paralisi, un'atrofia della mente in certe posizioni. (da Selected Prose, 1921)
* L'arte non chiede mai a nessuno di fare nulla, di pensare nulla, di essere nulla. Esiste come esiste l'albero, si può ammirare, ci si può sedere alla sua ombra, si possono coglierne banane, si può tagliarne legna da ardere, si può fare assolutamente tutto quel che si vuole. (da L'artista serio)
* Non riesco a immaginare come un artista serio possa mai considerarsi soddisfatto del proprio lavoro. (da Inferno)
* Non usate alcuna parola superflua, alcun aggettivo che non riveli qualcosa. (da Letters of Ezra Pound)
* Parlo della bellezza. Non ci si mette a discutere su un vento d'aprile. Quando lo s'incontra ci si sente rianimati. Ci si sente rianimati quando si incontra in Platone un pensiero che corre veloce, o un bel profilo in una statua. (da L'artista serio)
* Questo è il mio consiglio ai giovani: avere curiosità. (da un'intervista alla televisione italiana, 7 giugno 1968)
* Una piccola quantità di denaro che cambia di mano rapidamente farà il lavoro di una grande quantità che si muove lentamente. (da Selected prose)
* Certi libri costituiscono un tesoro, un fondamento; letti una volta, vi serviranno per il resto della vita.
* È difficile scrivere un paradiso quando tutte le indicazioni superficiali indicano che si dovrebbe scrivere un'apocalisse. Risulta ovvio trovare abitanti per l'inferno o per il purgatorio.
* È molto difficile per un uomo credere abbastanza energicamente in qualcosa, in modo che ciò che crede significhi qualcosa, senza dare fastidio agli altri.
* Esistono due tipi d'ignoranza, che potremmo definire naturale e artificiale. Al momento attuale potrei dire che l'ignoranza artificiale è all'incirca l'ottantacinque per cento.
* "Grandezza umana" è un'energia non comune, unita con la dirittura, con l'intelletto agile e diretto; è incompatibile con chi mente a se stesso e indulge in meschine finzioni.
* Il cattivo critico critica il poeta, non la poesia.
* Il genio è la capacità di vedere dieci cose là dove l'uomo comune ne vede solo una, e dove l'uomo di talento ne vede due o tre.
* Il pensare divide, il sentire unisce.
* Il segreto dell'insegnamento ha qualcosa a che fare col teatro. Imitate semplicemente il miglior professore che avete conosciuto.
* La cultura non è mancanza di memoria. La cultura comincia quando si riesce a fare una cosa senza sforzo.
* La parola comunica il pensiero, il tono le emozioni.
* La salute uccide un'infinità di batteri.
* La vera istruzione deve in definitiva essere riservata agli uomini che insistono a voler sapere: il resto non è che pastorizia.
* La vostra mente e voi stesse siete il nostro mar dei Sargassi.
* L'apparizione di questi volti nella folla: | Petali su un ramo umido e scuro.
* Le arti, comprese la poesia e la letteratura, dovrebbero essere insegnate dagli artisti che le praticano, non da sterili professori.
* L'incompetenza si manifesta con l'uso di troppe parole.
* Lo schiavo è quello che aspetta qualcuno a liberarlo.
* Meno sappiamo, più sono lunghe le nostre spiegazioni.
* Nessuno sa abbastanza, ed abbastanza presto.
* Non ho mai conosciuto uno che non valesse un fico secco e che non fosse irascibile.
* Non puoi fare una buona economia con una cattiva etica.
* Non utilizzare nessuna parola che non riesci a dire sotto stress.
* Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla.
* Tutta la grande arte nasce dalla metropoli.
* Tutti i grandi cambiamenti sono semplici.
* Un uomo civilizzato è uno che dà una risposta seria ad una domanda seria. La stessa civiltà è un certo sano equilibrio di valori.
* Un uomo di genio non può fare a meno di nascere dove nasce.
* Uno dei piaceri della mezza età è di scoprire che uno aveva ragione, e che aveva più ragione di quanto se ne rendesse conto all'età di diciassette o ventitré anni.
domenica 18 maggio 2008
Le Camicie Azzurre e la “Terza Via”
José Antonio Primo de Rivera (Madrid, 24 aprile 1903 / Alicante, 20 novembre 1936), di origini alto borghesi, era il figlio del generale Miguel Primo de Rivera, che fu dittatore di Spagna dal 1923 al 1930. José Antonio era avvocato e fu editore del giornale di estrema destra “El Fascio” e del periodico “ABC”. Nel 1933 fondò la Falange Spagnola (o Falange Azzurra, poi, dopo la sua morte, anche del Cristo Re o del Sacro Cuore di Gesù), che aveva come programma quello di rendere la Spagna uno stato a ispirazione definiamo fascista, trascendente la lotta di classe. Nelle elezioni generali della primavera del 1936 la Falange ottenne solo lo 0,7% dei voti, ma crebbe rapidamente e in luglio contava già 40.000 membri iscritti. Primo de Rivera fu un sostenitore della rivolta militare del luglio 1936 contro il governo repubblicano e durante la Guerra Civile Spagnola la Falange divenne il movimento politico dominante tra i nazionalisti. Fu lo stesso de Rivera che scrisse il testo dell’inno falangista “Cara al Sol”.
Nel 1936 il governo repubblicano dichiarò illegale la Falange, in quanto responsabile di disordini pubblici, tra cui il tentato omicidio del professore di diritto Luis Jiménez de Asúa, e ne arrestò il capo, cioè de Rivera, e lo rinchiuse prima nel Carcere Modello di Madrid poi, dal 5 giugno, ad Alicante, dove si trovava quando il 18 luglio si attuò il colpo di stato militare di Emilio Mola e Francisco Franco, che diede il via alla Guerra Civile (1936-39). José Antonio rimase prigioniero ad Alicante fino a quando venne giustiziato il 20 novembre 1936. Il regime di Francisco Franco sviluppò un culto della personalità attorno a de Rivera. Egli era un “martire della Crociata” (si veda “El Ausente”… “L’Assente”). Sui muri esterni di ogni parrocchia spagnola fu posta per ordine di Franco (El Caudillo) una targa che commemorava i soldati locali morti duante la Guerra Civile (”Caídos por Dios y por España”… “Caduti per Dio e la Spagna”). Il nome di de Rivera era il primo della lista su ogni targa e il nome José Antonio divenne molto diffuso in Spagna. La sorella di José Antonio, Pilar Primo de Rivera, fondò la Sección Femenina (il ramo femminile della Falange). La Sección Femenina svolse un gigantesco lavoro ricompilando sistematicamente tutte le differenti tradizioni delle regioni spagnole (gastronomia, musica, danze etc.). Franco ordinò la costruzione (tramite il lavoro forzato dei prigionieri politici) del mausoleo della Valle de los Caídos, dove oggi giace il corpo di de Rivera. Quasi quarant’anni dopo (nel 1975), il 20 novembre (giorno in cui venne fucilato José Antonio), Franco morì (era stato tenuto in vita tramite accanimento terapeutico proprio per questo) e il suo corpo fu sepolto a fianco di quello di de Rivera.
José Antonio non considerava il suo movimento (chiamato nazionalsindacalismo) come fascista, in quanto i due avevano in comune solo l’esaltazione del concetto nazionale. Il 20 novembre rimane ancora una data simbolica per l’estrema destra spagnola ed europea. L’ultima statua rimasta in Spagna di Primo de Rivera venne rimossa da Guadalajara nel marzo 2005 dopo che il governo decise che non era adatta per uno stato democratico. C’era anche la preoccupazione che fosse divenuta un luogo di pellegrinaggio per gli estremisti di destra di tutto il continente (… ed era vero).
Il movimento politico denominato Falange Espanola (y de las J.O.N.S.) nacque, come ho scritto sopra, nei primi anni ‘30 a Madrid dall’Unione della Falange di Josè Antonio Primo de Rivera con le Juntas de las Ofensivas Nacional Sindacalistas (oppunto J.O.N.S.) di Onesino Redondo Ortega e Ramiro Ledesma Ramos.
José Antonio Primo de Rivera e Ramiro Ledesma Ramos
Il movimento, che si definiva nazional-sindacalista, proponeva un programma di tipo rivoluzionario, in parte ispirato ai movimenti nazionalisti/fascisti europei dell’epoca, che coniugava il rispetto dei tradizionali valori storici spagnoli con una politica di forte rivolgimento sociale caratterizzata dall’instaurazione di un ordinamento di tipo corporativo, dalla socializzazione dei mezzi di produzione e dal superamento della democrazia parlamentare a favore di nuovi strumenti di partecipazione popolare (”verticalismo totalitario”). Ebbe sempre un forte orientamento nazionalista, anti socialista e anti liberale. Il nuovo raggruppamento fu presentato il 4 marzo del 1934 al Teatro Calderon di Valladolid in conseguenza dell’accordo del precedente 13 febbraio tra Primo de Rivera e Ramiro Ledesma. I simboli del nuovo movimento furono la bandiera rossa e nera delle J.O.N.S. e il giogo, con un fascio di cinque frecce, tradizionale emblema dei primi Re cristiano-cattolici.
Nell’ottobre del 1934 si tenne il primo Consiglio Nazionale a Madrid durante il quale Josè Antonio fu nominato capo unico e furono adottati la famosa Camisa Azul (Camicia Azzurra), come uniforme, e il saluto romano. Successivamente fu fondato “Arriba Espana” l’organo ufficiale del movimento. Le fortune politiche della Falange procedettero a fasi alterne fino alle elezioni del febbraio 1936 vinte dal Fronte Popolare; da quel momento i militanti del movimento crebbero costantemente, passando dai 40.000 del 1936 agli oltre 500.000 del 1939 (questo alla fine della Guerra Civile). Come ho detto, il 14 marzo 1936 José Antonio fu arrestato dalla polizia politica dopo che la sua elezione nel distretto di Cuenca era stata invalidata per privarlo dell’immunità parlamentare. Il 18 luglio con l’Alzamiento (il colpo di stato) militare guidato dai generali Francisco Franco, Emilio Mola e Josè Sanjurjo scoppiò la Guerra Civile e il successivo 20 novembre, dopo un processo sommario di dubbia legalità, tenutosi tra il 13 ed il 18 novembre, Josè Antonio venne fucilato nel carcere di Alicante, dove era detenuto. Nei mesi successivi caddero anche tutti gli altri capi del movimento, nessuno dei quali sopravvisse alla guerra. La debolezza politica dei nuovi dirigenti favorì il decreto di unificazione del 19 aprile del 1937 con il quale Franco unì sotto il suo comando i movimenti nazionalisti, fondendo la Falange e la Comunione Tradizionalista nel nuovo Partito Unico “Falange Espanola Tradicional y de las JONS” di cui si autoproclamò (indegnamente) Capo Nazionale (non avendone la statura né morale né politica). La maggior parte dei falangisti, per interesse o paura, accettò la confluenza nel “Movimiento Unificado” di Franco, mentre quelli che si opposero vennero arrestati, processati e alcuni giustiziati. Il capo del movimento, Manuel Hedilla (già fedele a de Rivera e suo segretario), che rifiutava di riconoscere l’autorità politica di Franco, fu condannato a morte per alto tradimento. La condanna venne poi commutata (per non creare disordini), ma Hedilla restò in carcere fino alla fine degli anni ‘40. L’attività politica dei falangisti dissidenti continuò nella clandestinità sino alla morte di Franco. La Falange (diventata del tutto ‘franchista’) partecipò attivamente alla Guerra Civile con suoi reparti militari, che costituivano, in genere, le truppe d’assalto delle divisioni nazionaliste. Successivamente Franco, che non era né diventò mai falangista, ne sterilizzò gradualmente gli impulsi, utilizzando il movimento e la sua ideologia a proprio uso e consumo e per contrapporsi simbolicamente alle ideologie socialista, marxista e liberale che riteneva nemiche della tradizione spagnola. Quindi nel lungo periodo della sua dittatura, la Falange e il suo fondatore restarono sempre e solo vuoti simboli a sostegno di un potere autocratico e grossolano. Il programma politico e sociale della Falange non fu mai realizzato, neppure in minima parte, e dopo la fine degli anni quaranta, con la graduale emarginazione di Serrano Suner (cognato di Franco e capo dei falangisti) i suoi uomini non occuparono più significative posizioni di potere e di governo. Sebbene la Spagna si disse neutrale durante il Secondo Conflitto Mondiale, ‘liberi’ volontari spagnoli (messicani, argentini, uruguayani, paraguayani) inquadrati nella Falange, combatterono a fianco dei nazisti sul fronte orientale, contro i bolscevichi.
Onésimo Redondo Ortega e José Antonio Primo de Rivera
Per concludere: José Antonio è stato un figlio dei suoi tempi e di una Spagna dilaniata da secoli di decadenza politico economica e sospesa tra una destra conservatrice (latifondisti, alto clero e varie componenti monarchiche ancorate a conflitti dinastici e prive del produrre un minimo di rinascita nazionale) e una sinistra fortemente influenzata da una lotta di classe violenta e oltranzista. In questo quadro oltremodo desolante, premonitore di quella che poi sarebbe diventata una guerra fratricida, José Antonio maturò il suo pensiero politico-patriottico-anticlericale (a mio avviso anticipatore di quelle che furono le idee propugnate dal fascismo della RSI). Dopo una brevissima esperienza nelle file monarchiche, che seguì la morte del padre, si rese conto che quella destra era troppo ottusa, vincolata al passato e legata ai propri interessi economici e ai privilegi per poter divenire promotrice della nuova Spagna, così maturò la necessità di creare qualcosa di nuovo nella politica spagnola, slegato da interessi di parte e sensibile ai reali bisogni della comunità nazionale. Nacque così il movimento della Falange che per stessa definizione di Josè Antonio doveva essere un “antipartito”, slegato dalla destra monarchica, clericale e conservatrice, che disprezzava fortemente, e contrapposto, ovviamente, alle sinistre e al sistema democratico-repubblicano instauratosi in Spagna in quegli anni. La Falange doveva formarsi tra le componenti sane della Spagna motivate dall’idea imperiale, ma non nostalgiche, forti di valori millenari, ma non corrotte dalle brame di potere e ottenebrate da una Chiesa ormai priva di umanità e di già lontana dalle sue ‘origini’. Queste componenti erano ovviamente i giovani. Il mito della giovinezza, in parte preso a prestito dal Fascismo Mussoliniano, divenne un cardine della Falange e trovò applicazione pratica nella regola di voler accettare all’interno del movimento solo persone sotto i quarantacinque anni d’età. Il nuovo movimento doveva poi staccarsi dallo “spirito borghese della rassegnazione davanti agli eventi” e divenire artefice del grande progetto di una nuova Spagna poi di una nuova Europa. Questo spirito antiborghese fece avvicinare José Antonio agli ambienti movimentisti dei nazionalsindacalisti di Ledesma Ramos. La componente nazionalsindacalista in cui permanevano forti simpatie anarchiche (da ciò la bandiera rosso-nera falangista), dopo una iniziale e forte diffidenza nei confronti del borghese avvocato castigliano, oltretutto figlio di un dittatore, divenne la spina dorsale del movimento.
José Antonio Primo de Rivera in carcere, pochi attimi prima di venire giustiziato
Infine de Rivera propugnava “la terza via”, cioè l’uomo nobile-aristocratico, nell’accezione alta dei termini, figura tipica di una certa destra ‘estetica’, unito agli ideali e alle rivendicazioni sociali proprie della sinistra. Allo scoppio della Guerra Civile e negli anni precedenti José Antonio non mutò mai idea a riguardo della destra spagnola, così come della sinistra. A chi propugnava l’odio di classe ribatteva l’importanza dell’unità della Patria intesa nel suo significato più alto di unità d’intenti della comunità verso fini più elevati, e a chi cercava di abbattere le profonde ingiustizie sociali prometteva riforme radicali in segno opposto. Quindi, con lo scoppio della Guerra Civile, de Rivera fu imprigionato dalle truppe repubblicane e giustiziato con complice disinteresse di Franco e dei suoi generali. La sinistra repubblicana si sbarazzò, così, dell’unico “soldato politico” che il fronte opposto presentava e la destra, guidata e sorretta dal trucido, opportunista e bieco ‘generalissimo’ Franco, si giovava della perdita di un alleato mai troppo amato (perché fin troppo intellettuale) e ne faceva un martire. I ringraziamenti e le pubbliche ovazioni di Franco al fondatore della Falange furono strumentali a mantenere la componente dottrinariamente più elevata all’interno del suo (basso) regime politico e nessuna riforma reale in senso corporativo fu attuata dal Caudillo (uomo privo di spiritualità e slancio sociale). Alla fine i grandi nemici di Destra e Sinistra di de Rivera ebbero il sopravvento, ma rimangono ancora i suoi scritti a ricordarci la statura di quel sommo utopista e fine uomo di cultura.
domenica 13 aprile 2008
I cavalieri templari
NON NOBIS DOMINE, NON
NOBIS, SED NOMINI TUO DA
GLORIAM
"Una nuova cavalleria è apparsa nella terra
dell'Incarnazione... essi non hanno paura del
male in tutte le sue forme... essi vanno in
battaglia non già coperti di pennacchi e fronzoli,
ma di stracci e con un mantello bianco... essi
non onorano fra loro il più nobile, ma il più
valoroso...essi attendono a qualsiasi lavoro a
loro comandato in silenzio... essi si aiutano l'uno
con l'altro nella dottrina insegnata dal Cristo...
essi non fanno della vanità ma dell'umiltà la loro
arma... essi sono i Cavalieri di Dio... essi sono i
Cavalieri Templari."
San Bernardo di Chiaravalle (dal "De Laude
novae Militiae Christi")
http://docs.google.com/Doc?id=d3ngjtn_8cqrzp4gs
Yukio Mishima
PROCLAMA
Yukio Mishima
Letto dallo scrittore il 25 novembre 1970, pochi istanti prima del seppuku - taglio del ventre- rituale
La nostra Tate-no Kai (1) si è sviluppata grazie al Jieitai (Forze di autodifesa) (2); così possiamo ben dire, il Jieitai è nostro padre e fratello maggiore.
Perchè mai corrispondiamo a tale debito di gratitudine con una azione tanto ingrata?
Guardando al passato abbiamo ricevuto nelle Forze di Autodifesa, io per quattro anni, gli altri membri per tre anni, un trattamento quasi come soldati del Jieitai, e un addestramento completamente disinteressato.
http://docs.google.com/Doc?id=d3ngjtn_23bxzx9fh
sabato 22 marzo 2008
Friedrich W. Nietzsche
- Le convinzioni sono per la verità nemiche più pericolose delle menzogne.
- Anche Dio ha il suo inferno: è il suo amore per gli uomini.
- Ben poche sono le donne oneste che non siano stanche di questo ruolo.
- C'è sempre un grano di pazzia nell'amore, così come c'è sempre un grano di logica nella follia.
- Chi sa di essere profondo, si sforza di esser chiaro. Chi vuole apparire profondo alla folla, si sforza di esser oscuro. Infatti la folla ritiene profondo tutto quel di cui non riesce a vedere il fondo: è tanto timorosa e scende tanto mal volentieri nell'acqua!
- Ci si sbaglierà raramente, attribuendo le azioni estreme alla vanità, quelle mediocri all'abitudine e quelle meschine alla paura.
- Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male.
- Criterio quotidiano. Ci si sbaglierà raramente, attribuendo le azioni estreme alla vanità, quelle mediocri all'abitudine e quelle meschine alla paura.
- Di tutto conosciamo il prezzo, di niente il valore.
- E' mia ambizione dire in dieci frasi quello che altri dicono in interi volumi.
- E' un giusto giudizio dei dotti che gli uomini di tutti i tempi abbiano creduto che cosa sia bene e male, degno di lode e di biasimo. Ma è un pregiudizio dei dotti che noi adesso lo sappiamo meglio di qualsiasi altro tempo.
- I medici più pericolosi sono quelli che, da attori nati, imitano con perfetta arte di illusione il medico nato.
- Il miglior scrittore sarà colui che ha vergogna di essere un letterato.
- Il sentimento più penoso che ci sia è quello di scoprire che si è sempre presi per qualcosa di superiore a quel che si è.
- Io sono interamente corpo, e nient'altro; l'anima è soltanto una parola per indicare qualche cosa che riguarda il corpo.
- L'architettura è una specie di oratoria della potenza per mezzo delle forma.
- La decisione cristiana di trovare il mondo brutto e cattivo, ha reso brutto e cattivo il mondo.
- La donna non è capace di amicizia,conosce solo l'amore.
- La donna è stato il secondo errore di Dio.
- La strada per la grandezza passa attraverso il silenzio.
- Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità.
- Meglio essere folle per proprio conto che saggio con le opinioni altrui.
- Mi dicono che l'uomo ama se stesso. Ahimè, quanto deve essere grande questo amore, quanto disprezzo deve vincere!
- Non esistono fenomeni "morali", ma solo interpretazioni "morali" dei fenomeni.
- Ogni artista non ha a disposizione soltanto la propria intelligenza, ma anche quella dei suoi amici.
- Quando la virtù ha dormito, si alza più fresca.
- Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.
- Quel che non mi uccide mi fa più forte.
- Se tutte le elemosine fossero date solo per pietà, tutti i mendicanti sarebbero già morti di fame. La più grande dispensatrice di elemosine è la vigliaccheria.
- Si paga caro l'acquisto della potenza; la potenza instupidisce.
- Una cosa buona non ci piace, se non ne siamo all'altezza.
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